Il titolo I Care a Lot (Ci tengo molto) suggerirebbe una narrazione piena di buoni sentimenti, dove i protagonisti combattono valorosamente contro il male. Tuttavia, questo film si rivela essere tutt’altro. I Care a Lot è una dark comedy solo in apparenza, un thriller a intermittenza, ma soprattutto è uno di quei rari film in cui non si riesce a parteggiare per nessuno, pur mantenendo alta l’attenzione dello spettatore fino alla fine.
Una trama senza eroi
Marla Greyson, interpretata da Rosamund Pike, è una “amministratrice di sostegno” così almeno verrebbe definita in Italia, che si occupa di anziani benestanti. Bella, elegante e spietata, Marla sfrutta un sistema ben oliato: un medico complice certifica false incapacità mentali, permettendo a Marla di ottenere la tutela degli anziani tramite un giudice facilmente influenzabile. Gli anziani vengono poi trasferiti in case di riposo dove, sotto la sua “cura”, i loro beni vengono amministrati in modo estremamente proficuo per Marla stessa.
Il meccanismo si inceppa quando Marla prende di mira Jennifer, un’anziana apparentemente perfetta per i suoi scopi: ricca e senza parenti. Ma Jennifer nasconde un segreto—un figlio illegittimo, mafioso e pronto a tutto per proteggere i propri interessi. Ne scaturisce uno scontro violento e imprevedibile tra Marla e il criminale, culminando in un finale che, sebbene prevedibile, lascia il segno.
Il peso degli anziani nella narrativa contemporanea. Uno specchio della società
I Care a Lot si inserisce in una crescente tendenza della letteratura e del cinema contemporaneo a trattare gli anziani non solo come soggetti passivi, ma come protagonisti attivi delle storie. Considerando il loro crescente peso demografico nella società, è naturale che il cinema rifletta tali dinamiche. Tuttavia, questo film mette in luce un aspetto preoccupante: le trame, ispirate dalla realtà, illustrano spesso una vita anziana segnata da insidie, truffe e abusi. Oltre a intrattenere, I Care a Lot offre una riflessione critica sulla società occidentale e sul valore attribuito alle persone anziane. Marla vede il mondo come una giungla, popolata solo da predatori e prede, dove il successo è l’unica vera misura del valore umano. In questo contesto, gli anziani diventano facili bottini, intrappolati in un sistema che sfrutta le loro vulnerabilità sotto il manto della legalità.
La casa di riposo è l’inevitabile punto di arrivo, con tanto di cellulari sequestrati, falsi sorrisi compiacenti, parole suadenti, e sedativi a gogò. Se poi il “tutelato” si dimostra recalcitrante a farsi ammansire, niente di più facile che il ricovero coatto in struttura psichiatrica. Insomma, una realtà ben nota a chi ha familiarità con il mondo della fragilità
Il film non offre soluzioni né una morale chiara, ma lascia lo spettatore con un’inquietante sensazione: nel nostro mondo consumistico e spesso spietato, qualcosa non va. La figura della “dannata leonessa” diventa un monito contro l’individualismo estremo e la mancanza di etica. Perché, come suggerisce la conclusione del film – e senza spoilerarla, non vale davvero la pena vivere come “dannate leonesse” in una società che dimentica i più fragili.
(Adriano Scuderoni)
"I Care a Lot": gli anziani tra cinema e realtà
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