“Le strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie hanno risentito fortemente della situazione emergenziale dovuta al Covid-19 e hanno dovuto affrontare nuove sfide organizzative al fine di fronteggiare le emergenze del periodo. Gli ospiti totali al 31 dicembre 2020 sono 342.361, il 10% in meno dell’anno precedente“. Lo scrive l’Istat nel Report sulle strutture socio-assistenziali e sanitarie. L’Istituto di statistica sottolinea come il quadro pandemico del Paese nel corso del 2020 abbia “determinato un considerevole incremento dei decessi all’interno delle residenze: in questo periodo, infatti, tra gli ospiti anziani i decessi sono aumentati del 43%, oltre 32mila in più rispetto all’anno precedente“.
Quello fornito da Istat è un quadro drammatico, che conferma la situazione più volte denunciata dalla Comunità di Sant’Egidio anche nella sua inchiesta “Dati e proposte per mettere fine alla “eterna zona rossa” per gli anziani ricoverati in strutture assistenziali” nell’aprile 2021. Riportiamo l’articolo di Panorama Sanità del 23 novembre 2022, che analizza i dati del Report Istat.
Anziani: Nel 2020 incremento dei decessi (+43%) all’interno delle residenze
Secondo l’Istat sono oltre 32mila in più rispetto all’anno precedente i decessi degli ospiti anziani
Al 31 dicembre 2020 sono 12.630 i presidi residenziali attivi nel nostro Paese, con un’offerta di circa 412mila posti letto, sette ogni 1.000 persone residenti. L’offerta è maggiore nel Nord-est, con 9,9 posti letto ogni 1.000 residenti, mentre nel Sud del Paese supera di poco i tre posti, con appena il 10% dei posti letto complessivi. Gli ospiti nelle strutture residenziali ammontano complessivamente a 342.361, ultrasessantacinquenni in tre casi su quattro. Più di 343mila i lavoratori impiegati in queste attività, ai quali vanno aggiunti oltre 35mila volontari. Sono alcuni dei dati contenuti nella pubblicazione Istat Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie – anno 2020.
Dal 2015 il tasso di ricovero degli ospiti anziani ha avuto un andamento piuttosto stabile, circa 21 ricoverati per 1.000 residenti. Nell’ultimo anno osservato, invece, la presenza degli ultra-sessantaquattrenni ha subito una sensibile riduzione, con un decremento del 13% (circa 38mila anziani in meno), a fronte di una variazione percentuale che nei cinque anni osservati non aveva mai superato la soglia del 2%. A diminuire sono soprattutto gli anziani non autosufficienti di sesso maschile,
per i quali si osserva un calo del 16% nel Nord-ovest e del 20% nelle Isole. Il quadro pandemico che ha caratterizzato il nostro Paese nel corso del 2020 ha determinato un considerevole incremento dei decessi all’interno delle residenze: in questo periodo, infatti, tra gli ospiti anziani i decessi sono aumentati del 43% (oltre 32mila in più rispetto all’anno precedente).
Posti letto dedicati in larga parte all’assistenza socio-sanitaria
Delle oltre 15mila unità di servizio la maggior parte è di tipo socio-sanitario. Le “unità di servizio” che erogano assistenza socio-sanitaria sono infatti 8.976 per un ammontare di circa 319mila posti letto (il 77% dei posti letto complessivi). L’offerta residenziale si riduce sensibilmente per le “unità di servizio” che svolgono prevalentemente funzione di tipo socio-assistenziale: le unità così classificate ammontano a 6.378 e dispongono in totale di 93.070 posti letto, pari al 23% dei posti letto complessivi. Le unità socio-sanitarie assistono prevalentemente utenti anziani non autosufficienti, destinando a questa categoria di ospiti il 75% dei posti letto disponibili, mentre agli anziani autosufficienti e alle persone con disabilità sono destinati, rispettivamente, il 9 ed il 7% dei posti letto. La quota residuale è rivolta alle altre tipologie di utenza. Le unità di tipo socio-assistenziale forniscono prevalentemente accoglienza e tutela a persone con varie forme di disagio: il 41% dei posti letto è indirizzata all’accoglienza abitativa, il 39% alla funzione socio-educativa che ospita principalmente minori di 18 anni. Il 15% viene invece impiegato nelle unità
che assolvono per lo più una funzione tutelare, volta a supportare l’autonomia dei propri ospiti (anziani, adulti con disagio sociale, minori) all’interno di contesti protetti. La percentuale residua è dedicata alle altre tipologie di accoglienza.
L’offerta residenziale è rivolta a un’utenza abbastanza diversificata, anche se tre posti letto su quattro sono destinati alla popolazione ultrasessantacinquenne.
Il Nord si distingue per servizi fortemente concentrati sugli anziani non autosufficienti, il doppio rispetto al Mezzogiorno; il Centro ha una quota maggiore, rispetto al dato nazionale, di posti letto per anziani autosufficienti e per adulti con disagio sociale. Al Sud, invece, si trova una quota maggiore di posti letto dedicati a persone con disabilità o con patologie psichiatriche. Nelle Isole, infine, si riscontra un livello di offerta maggiore per minori e persone con patologie psichiatriche, pari al doppio della media nazionale, e agli stranieri/immigrati, sei volte maggiore rispetto alla media.
Offerta residenziale più elevata nel Nord-est
La disponibilità di offerta più alta si osserva nel Nord-est, pari a 9,9 posti letto ogni 1.000 residenti, la più bassa nel Sud del Paese, dove i posti letto sono poco più di 3 ogni 1.000 residenti. Le differenze geografiche si riscontrano anche analizzando la distribuzione delle strutture per dimensione. Il Nord-est presenta una percentuale doppia (30,8%) rispetto al dato nazionale (15,6%) di residenze piccole (massimo sei posti letto). Il Centro (43,1%) e il Mezzogiorno (Sud 50,7%, Isole 58,1%) sono invece i territori in cui la maggioranza delle strutture ha una dimensione media (tra i 16 e i 45 posti letto). Il Nord-ovest è maggiormente caratterizzato da residenze con più di 80 posti letto (16,4% contro un valore medio nazionale del 9%).
Le differenze territoriali sono evidenti anche in relazione alla tipologia di utenza assistita. L’offerta di posti letto per anziani non autosufficienti è molto elevata nelle regioni del Nord (28 posti letto ogni 1.000 residenti anziani al Nord-ovest, 31 al Nord-est). Nelle altre ripartizioni la quota di posti letto destinata a questa tipologia di utenti risulta molto inferiore e raggiunge il suo valore minimo al Sud, con meno di 6 posti letto ogni 1.000 residenti.
Soprattutto enti non profit nella gestione delle strutture residenziali
La titolarità delle strutture è in carico a enti non profit nel 44% dei casi, a enti pubblici nel 20%, a enti privati for profit in circa il 24% dei casi e nel 12% a enti religiosi. Nell’88% delle residenze sono i titolari a gestire direttamente il presidio, mentre nel 10% i titolari danno in gestione le loro strutture ad altri enti; nei restanti casi (2%) il presidio viene gestito in forma mista.
La gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (75% dei casi), soprattutto di tipo non profit (51%); il 12% delle residenze è gestita da enti di natura religiosa e circa il 13% dal settore pubblico.
I comportamenti dei titolari sono diversificati sul territorio, soprattutto per quanto concerne la gestione delle strutture pubbliche. Infatti, al Nord sette strutture pubbliche su 10 sono gestite direttamente o indirettamente da enti pubblici, il 26% da enti non profit.
La percentuale di strutture pubbliche gestite da enti non profit è molto più alta sia al Centro (41%) che nel Mezzogiorno (36%). Riguardo le strutture che hanno un altro ente titolare si riscontra una preferenza, su tutto il territorio, verso una gestione diretta o affidata a enti con la stessa natura giuridica. Nel 4% dei casi le strutture profit del Nord affidano la gestione a imprese non profit, quota che scende a meno dell’1% nelle altre ripartizioni.
Nelle strutture residenziali molte le qualifiche professionali impiegate
In Italia nei 12.630 presidi residenziali lavorano 343.497 unità di personale alle quali vanno aggiunti oltre 35mila volontari.
Il personale sanitario, organizzato in otto qualifiche professionali, rappresenta più del 63,8% della forza lavoro impegnata all’interno delle strutture residenziali. Poco più del 57% si concentra in tre qualifiche professionali, di cui oltre 118mila sono assistenti socio-sanitari (34,4% del totale del personale retribuito). Le altre due principali figure sono: altri addetti assistenza alla persona (38.827, pari all’11,3%) e professioni sanitarie infermieristiche (39.107; 11,4%).
Per quanto concerne l’orario di lavoro, nella sua organizzazione il settore fa largo uso del part time. A essere impiegati con un regime di orario a tempo pieno sono infatti solo il 58% dei dipendenti. Le differenze sono però significative guardando le singole professioni. La quota di part time oscilla tra un minimo del 28% tra gli operatori sociosanitari (28,0%) e un massimo del 78,2% tra i mediatori culturali. All’interno di questa forbice emerge in modo evidente che le figure professionali addette alla gestione della struttura e all’assistenza diretta dell’ospite sono quelle che più frequentemente hanno un orario di lavoro a tempo pieno. Al contrario, i professionisti socio-sanitari, il personale addetto alla riabilitazione o alla formazione e i mediatori sono quelli che, rispondendo a bisogni specifici e in alcuni casi
temporanei, lavorano più frequentemente in regime di part time.
Anziani nelle strutture: in prevalenza ultra-ottantenni e donne
In Italia sono oltre 255mila gli anziani ultra-sessantaquattrenni ospiti delle strutture residenziali, poco più di 18 per 1.000 anziani residenti; di questi, oltre 14 sono in condizione di non autosufficienza (per un totale di 202.174 anziani non autosufficienti). La componente femminile prevale nettamente su quella maschile: su quattro ospiti anziani, tre sono donne.
Oltre i due terzi degli anziani assistiti nelle strutture residenziali (76%) ha superato la soglia degli 80 anni di età, quota che si attesta al 77% per i non autosufficienti e si riduce al 70% per gli anziani autosufficienti.
Gli ultraottantenni costituiscono quindi la quota preponderante degli ospiti anziani, con un tasso di ricovero pari a 63 ospiti per 1.000 residenti, oltre 14 volte superiore a quello registrato per gli anziani con meno di 75 anni di età, per i quali il tasso si riduce a 4,4 ricoverati per 1.000 residenti.
Più forte il ricorso all’istituzionalizzazione nelle regioni del Nord
Nelle residenze del Nord-est il tasso di ricovero si attesta ai livelli più alti con 28 ospiti per 1.000 anziani residenti e raggiunge valori massimi nelle Province Autonome di Trento e Bolzano (rispettivamente 34 e 36 per 1.000 abitanti di pari età). Di contro, le regioni del Sud presentano un livello di istituzionalizzazione più basso: otto ogni 1.000 anziani residenti. Il valore minimo si registra in Campania, cinque anziani per 1.000 residenti, contro i 18 registrati a livello nazionale.
Le differenze territoriali si riscontrano in ugual misura se si osserva la distribuzione degli anziani non autosufficienti e sono ancora più marcate tra le donne. Per questa tipologia di ospiti, infatti, si registrano tassi di ricovero molto alti nelle residenze del Nord, con oltre 30 anziane non autosufficienti per 1.000 residenti della stessa età. Nelle altre ripartizioni il tasso di ricovero diminuisce sensibilmente, passando da 12 per 1.000 nelle regioni del Centro, a otto per 1.000 nelle Isole fino a sei per 1.000 residenti nel Sud del Paese.
Per gli anziani autosufficienti la distribuzione dei ricoveri è più omogenea sul territorio, con tassi leggermente più alti della media nazionale nelle Isole e nelle regioni del Centro (4,0 contro 3,8 per 1.000 abitanti di pari età).
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