Sono sei i principi che la “Call di Roma per un’etica dell’Intelligenza Artificiale” indica per giungere ad uno sviluppo di una intelligenza artificiale nell’esclusivo interesse dell’umanità: “Trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, tracciabilità, sicurezza e privacy”. Senza il rispetto di questi principi non avremo mai quella che la Call definisce come “algor-etica”, ovvero l’etica degli algoritmi. La Call intravede nello sviluppo di questo nuovo sistema di tecnologie grandi potenzialità per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti gli essere umani. Di pari passo, tuttavia, scorge anche problemi etici e rischi di discriminazione, qualora la progettazione degli algoritmi si troverà ad includere gli stessi pregiudizi da cui, spesso, sono condizionati gli esseri umani.
Il pensiero va, di nuovo, alle tante persone fragili della nostra società. L’invecchiamento della popolazione è una delle sfide che richiede soluzioni – anche tecnologiche – per migliorare, ad esempio, la qualità della vita delle persone anziane sole, favorendone l’indipendenza e rallentando o monitorando i processi di decadimento cognitivo e fisico. La tecnologia non può muoversi da sola nel convincimento di avere tutte le risposte. Come si legge nella parte del documento legata all’etica occorre promuovere “una visione in cui gli esseri umani e la natura siano al centro di come viene sviluppata l’innovazione digitale, supportati anziché sostituiti gradualmente da tecnologie che si comportano come attori razionali ma non sono affatto umani”.
Il merito di aver aperto un dibattito pubblico su questi temi va alla Pontificia Accademia per la Vita ed a mons. Vincenzo Paglia: la “Rome Call for AI Ethics”, firmata da Microsoft, Ibm e Fao, a conclusione dell’incontro in Vaticano su “The ‘Good’ Algorithm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, Health”, rappresenta un primo passo per portare la Chiesa di fronte alla sfida post-moderna mossa dalla quarta rivoluzione industriale e tecnologica che stiamo vivendo.
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