In un articolo pubblicato su Topics in Cognitive Science dal titolo “Il Mito del Declino Cognitivo, dinamiche non lineari dell’apprendimento permanente”, i ricercatori del dipartimento di linguistica dell’università di Tubingen in Germania affermano che il cervello degli anziani non subirebbe un declino cognitivo, come molti ritengono, ma risulterebbe avere performance inferiori nei comuni test cognitivi solo perché ha bisogno di più tempo per poter selezionare le informazioni, in una memoria molto più “piena” rispetto a quella dei cervelli più giovani.
Per questo motivo Michael Ramscar, a capo del team di ricercatori tedeschi, critica i test cognitivi in uso perché non tengono conto delle differenze legate all’esperienza e quindi “inavvertitamente favoriscono le persone giovani e non tengono conto dell’esperienza accumulata da chi è più vecchio. Il sapere di più induce una differente analisi, scelta di parole e interpretazioni”. Le conclusioni di Ramscar sono quindi che “Il cervello degli anziani non si indebolisce, al contrario sa semplicemente molto di più. Come un computer che ha una memoria piena, la mente rallenta ma ciò non vuol dire che perda le capacità mnemoniche. Quindi non è detto che chi ricorda 600 compleanni abbia una memoria migliore di chi ne ricorda solo 6”.
Un esempio aiuta a capire: se un lettore medio legge 85 parole al minuto, 45 minuti al giorno per 100 giorni all’anno, i ricercatori stimano che a 21 anni di età avrà accumulato 12 anni di letture, 1.500.000 parole ripetute e 21.307 parole diverse. Mentre un 70 enne, con almeno 61 anni di letture, avrà accumulato un numero di parole ripetute 6 volte superiore, ben 9.000.000 e oltre 32.500 parole nuove. Tale accumulo richiede più tempo per la selezione: “Più si possiede memoria e più ci vuole tempo per ricercare le parole – precisano gli studiosi – Gran parte della performance richieste nei test standardizzati, interpretati dai ricercatori, mostra decrementi legati all’età ma in realtà riflettono incrementi perché rispecchiano un accumulo di esperienza anche nel vocabolario e sottili processi di discriminazione verso alcune parole tipici della tarda età”.
Presentando i risultati dello studio, Wayne Gray e Thomas Hills del dipartimento di scienze cognitive e psicologia dell’università di Warwick,i editori della rivista TopiCS, commentano “E’ tempo di ripensare a cosa si intende per declino cognitivo prima che false conclusioni siano poi usate per decisioni che mettono ai margini i vecchi o che cerchino di rimediare a problemi che non esistono” . Papa Francesco, quando ha detto che gli anziani non vanno emarginati e che nella società apportano la saggezza dell’esperienza e sono la memoria di un popolo, non poteva aver letto questo studio, perché non ancora pubblicato, ma era giunto a conclusioni simili.
Per leggere l’articolo originale (in inglese)
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