La pratica ancora diffusa di legare i pazienti psichiatrici e gli anziani è da “considerarsi un residuo della cultura manicomiale. Ciononostante, tale pratica risulta essere tuttora applicata, in forma non ‘straordinaria’. L’uso della forza e la contenzione rappresentano in sé una violazione dei diritti fondamentali della persona. Questo è tanto più grave, in quanto l’obiettivo del superamento della contenzione non è nuovo, ma è stato da tempo denunciato a diversi livelli istituzionali, nazionali e internazionali.
Si può fare a meno di legare le persone e l’attuale applicazione estensiva della contenzione va condannata”. E’ il recente parere del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) sulla contenzione fisica dei pazienti psichiatrici e anziani, praticata in ospedale con dispositivi meccanici per limitare i movimenti di tutto o parte del corpo del paziente. “. Il ricorso alle tecniche di contenzione meccanica “deve rappresentare l’extrema ratio e si deve ritenere – sottolinea il Cnb – che anche nell’ambito del Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) possa avvenire solamente in situazioni di reale necessità e urgenza in modo proporzionato alle esigenze concrete, utilizzando le modalità meno invasive e solamente per il tempo necessario al superamento delle condizioni che abbiano indotto a ricorrervi”. In realtà anche il codice deontologico dell’operatore sanitario (OSS -Infermiere – Medico) precisa che il ricorso alla contenzione debba essere un evento straordinario e motivato. Sarebbe inoltre necessario informare il paziente e i familiari spiegando perché sia necessario utilizzare questo tipo di procedura, e soprattutto l’infermiere è tenuto a controllare ogni trenta minuti il paziente in modo da poter rimuovere prontamente la contenzione quando non più necessaria. E’ consigliabile inoltre utilizzare le spondine del letto piuttosto che i bracciali di immobilizzazione, che in pazienti affetti da Alzheimer, Parkinson o malattie similari tendono a genere una maggiore agitazione. Eppure spesso i malati sono legati al letto per periodi lunghi e tale trattamento ripetuto nel tempo può anche peggiorare le capacità motorie dei pazienti, specie quando si tratta di anziani. Il parere del Cnb sembra dunque cogliere nel segno un problema purtroppo ancora molto diffuso. Nelle RSA non è raro infatti che si utilizzino strumenti di contenzione. Le motivazioni che inducono a giustificare tale scelta si ravvisano nella necessità di prevenire i danni da caduta, di controllare i comportamenti disturbanti, quali l’aggressività e il vagabondaggio, di consentire la somministrazione di un trattamento medico senza l’interferenza del paziente. In realtà si tratta di un intervento raramente appropriato e che inoltre causa delle conseguenze su molte funzioni fisiche e psichiche, non più stimolate adeguatamente. Si riduce per esempio la massa e il tono muscolare, peggiora l’osteoporosi, si perdono progressivamente le funzioni di vita quotidiana, come alimentarsi, vestirsi, lavarsi. A questo devono necessariamente aggiungersi le lesioni provocate da presidi inadeguati o nel tentativo di liberarsene.
Appare dunque appropriata la raccomandazione de Cnb alle Regioni e al Governo di incrementare la ricerca sulla contenzione in rapporto all’organizzazione e alla cultura dei servizi, particolarmente per ciò che riguarda gli anziani e le anziane che sono i soggetti più inermi di fronte alle pratiche coercitive. Manca infatti attualmente un attento monitoraggio del fenomeno, a livello regionale, ma anche nazionale. Il parere del Cnb può aiutare comunque il diffondersi di una cultura diversa di cura e sostegno del malato, fondata sull’attenzione alle esigenze del singolo. Secondo il Cnb il superamento della contenzione si inserisce infatti “nell’ambito di un nuovo paradigma della cura fondato sul riconoscimento della persona come tale (prima ancora che come malato e malata), portatrice di diritti. Il rispetto dell’autonomia e della dignità della persona è anche il presupposto per un intervento terapeutico efficace”.
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