Il libro autobiografico del presentatore televisivo Gabriele Corsi “Che bella giornata. Speriamo che non piova”, edito da Cairo, racconta una storia in cui molti possono riconoscersi.

Gabriele Corsi ha scelto di affidare alle pagine di un libro il racconto della malattia del padre, affetto da Alzheimer. È la storia di un uomo che aveva avuto una carriera brillante: un ingegnere informatico, inventore di una macchina innovativa a infrarossi per la diagnosi non invasiva del tumore al seno, che in modo molto repentino si era ritrovato confuso e smarrito. La malattia, come spesso accade, si era affacciata improvvisamente e in poco tempo era peggiorata vistosamente.

L’esperienza giovanile di servizio civile in una casa per “mattacchioni”, un manicomio, torna utile a Gabriele Corsi per trovare modi e parole per assistere il padre. Il ricordo di quegli uomini affetti da malattia psichiatrica che trascorrevano intere giornate in attesa di una visita che purtroppo non arrivava mai, aiuta a capire che non si può deludere l’aspettativa di chi non vuole essere lasciato solo.

Il libro racconta, infatti, di una famiglia che si stringe attorno al padre malato, accudito a casa con l’aiuto di diverse badanti.  Come spiegato dall’autore in una recente intervista al Corriere della Sera: «Abbiamo tre persone che stanno con lui, una la mattina, una il pomeriggio, una la notte. Quanti possono permetterselo? Purtroppo, non esiste una rete sociale che supporti adeguatamente le famiglie». Una domanda giusta, che invita a riflettere sulla necessità di supportare adeguatamente chi assiste persone malate, scegliendo di tenerle a casa propria vicino agli affetti più cari.