Domenica 25 giugno Gennaro e Francesco, anziani della Comunità di Sant’Egidio, hanno fatto visita ai Giovani per la Pace, riuniti a Grottaferrata in occasione del tradizionale convegno estivo.
Gennaro, che ha vissuto per un periodo della sua vita in casa di riposo, ha spiegato ai ragazzi l’ingiustizia di “rinchiudere” gli anziani in luoghi separati dagli altri, mentre Francesco ha raccontato la tragedia della guerra vista con gli occhi di un bambino.
I giovani sono rimasti particolarmente colpiti dalla descrizione di Gennaro della vita in istituto, in cui anche le cose più banali diventano difficili: “non potevo muovermi e nessuno mi portava neppure un bicchiere d’acqua”. Per fortuna Gennaro, con l’aiuto degli amici della Comunità di Sant’Egidio è tra colo che sono fuoriusciti dalla struttura per tornare a casa propria, ha recuperato le forze e ripreso anche a camminare, ed oggi va a visitare fedelmente gli anziani che vivono nelle case di riposo per portare vicinanza e amicizia.
Così i ragazzi hanno commentato il suo racconto: F. di 12 anni ha detto “dobbiamo liberare tutti da questi luoghi quando diventano prigioni!”, A. di 11 anni ha proseguito “di solito uno sta in prigione se ha fatto qualcosa di male, in queste prigioni ci sta gente che non ha fatto niente, è una condanna ingiusta”, e G. studente di 16 anni ha commentato “È un’ingiustizia troppo grande!”.
Infine H. ragazzo di 14 anni ha detto “la cosa che mi è piaciuta di più di quello che ha detto Gennaro è stata che adesso lui aiuta gli altri perché è stato aiutato. Anche io sono stato aiutato sin da quando ero piccolo dalla scuola della Pace, e ora voglio aiutare di più quelli che hanno bisogno”.
Effettivamente molti giovani della Comunità di Sant’Egidio vanno abitualmente a trovare gli anziani negli istituti, nelle case di riposo e nelle RSA. Queste visite rappresentano una ribellione verso la solitudine, che condanna gli anziani alla tristezza e all’angoscia. Spesso in queste occasioni si vive lo stupore di risvegliare la voglia di vivere in anziani spenti e silenziosi, perché nessuno si ferma a parlare con loro.
Anche il racconto di Francesco sulla sua esperienza durante la seconda mondiale ha suscitato commenti e riflessioni: “stavo giocando nel cortile insieme agli altri bambini quando abbiamo sentito la sirena e siamo corsi in cantina, da lì sentivo mia madre che mi cercava e urlava “Francesco dove sei?” Poi le hanno detto che stavo nella cantina allora è corsa lì e mi ha dato un abbraccio che non mi dimenticherò mai… mi ha tolto il fiato per quanto mi ha stretto forte…mi aveva trovato ero salvo! Ero al sicuro”.
I giovani per la Pace si impegnano quotidianamente per diffondere una cultura pacifica, anche organizzando manifestazioni e concerti. Per questo la testimonianza di Francesco li ha particolarmente colpiti e rinforzati nell’idea che la guerra è sempre sbagliata.
N., studentessa di 11 anni, ha detto: “vista in televisione la guerra sembra lontana, uno non pensa mai che tu o io potremmo essere al posto dei ragazzi che soffrono in Ucraina o in altri paesi del mondo, quello che ha detto Francesco mi fa vedere la guerra in modo diverso”. M., ragazza di Damasco arrivata in Italia con i Corridoi Umanitari di Sant’Egidio, ha detto: “Mi ha colpito molto il racconto di Francesco che ha vissuto la guerra da piccolino, sono nata nel 2012 e non ho mai visto il mio paese in pace“.
Francesco, alla fine della sua testimonianza, ha chiesto a tutti di alzarsi in piedi e di esclamare insieme “Si alla Pace! No alla guerra!”. Messaggio poi ribadito nel pomeriggio nel flash mob organizzato dai giovani per la Pace al lago di Castel Gandolfo.
Le parole di Gennaro e Francesco hanno aiutato i più giovani a comprendere il grande valore della pace e hanno fatto crescere ancor di più il desiderio di aiutare chi ha bisogno. Approfondire l’amicizia con gli anziani aiuta i più giovani a crescere in modo sano, così come ha spiegato F. ragazzo di 13 anni: “ascoltare insieme queste storie ci aiuta a crescere”. L’alleanza tra giovani ed anziani contribuisce alla costruzione di un futuro migliore e di una società più solida ed inclusiva. Una società senza gli anziani invece si disumanizza. Da questa consapevolezza nasce la scelta di portare i ragazzi più giovani, a volte giovanissimi, a trovare gli anziani negli istituti. È un modo di educare le giovani generazioni all’attenzione verso i deboli. Una rivoluzione del modo di pensare, che rende migliori e resistenti alla cultura dello scarto.
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