Parlando del rapporto tra terza età e tecnologia ci sono moltissime cose da considerare. Ne elenchiamo alcune, senza alcuna pretesa di esaustività (ne riparleremo).
La prima è di contesto e riguarda la condizione demografica: secondo i dati dell’OMS nel 2050 ci saranno nel mondo 2 miliardi di ultra 60enni, una persona su cinque sarà anziana. La presenza di tanti anziani, la longevità acquisita, è uno dei prodotti migliori del recente progresso. Mentre aumentava la speranza di vita, negli ultimi trent’anni, un’altra rivoluzione, quella digitale, modificava profondamente la nostra società. Esplorare le modalità di questo incrocio di rivoluzioni e di destini è utile per capire in che modo le nuove tecnologie della comunicazione accompagneranno e supporteranno anche le componenti più fragili della comunità.
Anzitutto qualche dato. Quali applicazioni “social” utilizzano gli anziani? Secondo il Rapporto sulla comunicazione CENSIS 2019 esiste (ancora) nel nostro Paese una distanza abissale tra giovani e anziani. Se tra gli under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, tra gli over 65 è ferma al 42%. Più dell’86% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 35% dei secondi (e generalmente si tratta di smartphone di prima generazione).
Il 70,7% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 20,9% degli over 65; il 72,5% dei giovani usa YouTube, come fa solo il 19,9% degli ultra 65enni (conoscendo, comunque, una decisa impennata se nel 2015 erano appena il 6,6%). Instagram, il social delle foto, attrae un giovane su quattro (26,1%), mentre ad usarlo sono appena l’1,3% degli over 65. Il 24% dei giovani usa Twitter, come fa soltanto il 2,6% degli anziani.
Le distanze si accorciano, invece, per Linkedin, il social network dedicato al mondo del lavoro, utilizzato dal 6,8% degli under 30 e dal 2,0% degli ultra 65enni. Dell’utilizzo da parte degli anziani di altri social, come Snapchat, non esistono statistiche ufficiali, presumibilmente perché il dato è pari a zero. Dati confermati, al ribasso, dal recentissimo studio condotto nell’ambito del progetto Ageing in a Networked Society secondo cui gli anziani italiani che utilizzano “regolarmente” e “ogni giorno” i social network sono appena il 7% del totale, meno della metà rispetto ai loro omologhi europei.
Nello studio, condotto su un campione di 32.000 anziani europei, l’applicazione social di gran lunga più utilizzata dagli over 65 è Whatsapp (il 52% del tempo totale passato sullo smartphone), intercettando un trend pienamente inter-generazionale.
Gli ultraottantenni (di oggi) sono “fuori” dalla rivoluzione digitale. Comparando i dati appena esposti con quelli relativi alle generazioni più giovani, emerge un fenomeno particolare, che riguarda soprattutto la cosiddetta “quarta età”, gli over 75. Se inserissimo in un grafico il dato della massima espansione della fruizione digitale, rappresentata oggi dai giovani under 30 e quello relativo al minimo utilizzo dei new media, raffigurato dagli over 75, avremmo i due estremi di una rivoluzione: chi ne gode appieno e chi ne è totalmente escluso, vecchio e nuovo millennio come in uno specchio.
Si tratta di una congiuntura astrale che difficilmente si protrarrà ancora a lungo, poiché il gap va riducendosi di anno in anno: è proprio la fascia di età compresa tra i 55 e i 74 anni quella che risulta in costante aumento nell’uso di Internet in generale e dei social network e che costituirà la fascia di popolazione anziana del domani. Il dato degli Stati Uniti ci mostra bene cosa avverrà anche da noi nei prossimi anni: il 43% degli over 65 ormai usa i social network. Nel 2006 era appena l’1%.
Anziani e digital divide. E’ il quarto punto che proponiamo e, questa volta, riguarda tutti gli over 65. Si tratta del dato che inchioda il nostro Paese ad uno dei più bassi tassi di connettività in Europa: solamente il 16% delle famiglie composte da soli anziani dichiara di aver accesso “corrente” ad internet.
Quest’ultimo è un elemento rilevante anche in considerazione del fatto che gli anziani – stando ai dati AUSER 2016 – navigano soprattutto attraverso il computer “di casa” (quasi il 90%) mentre solo una minoranza dichiara di utilizzare anche connessioni “mobili”, accedendo al web attraverso lo smartphone (il 25%) e il tablet (il 18%).
Stereotipi analogici, pregiudizi digitali. E’ il quinto e ultimo punto di riflessione. Si parte dall’idea, largamente diffusa nella società, secondo cui l’uomo e la donna, raggiunto il tempo della vecchiaia, debbano in qualche modo “farsi da parte”. Questa convinzione errata è, potremmo dire, quasi costitutiva della rivoluzione digitale sin dal principio. In fondo cosa possono condividere gli analogici anziani con giovani “nativi digitali”?
Sulla scorta di questa visione “negativa” della vecchiaia si è mosso il mercato, accettando la sfida di offrire servizi e segmenti di tecnologia orientati alla terza età. Il tentativo però non è stato quello di adattare le piattaforme o i social network ai nuovi, potenziali, utenti seniores. Sono invece fioriti spazi “aged-oriented”, progetti, siti tematici e social network dedicati esclusivamente agli anziani ed alle loro “presunte” esigenze. Fioriti e sfioriti in mezza stagione, perché, come abbiamo visto, anche il “vecchio” appena digitalizzato – in barba al pregiudizio – preferisce il social network che preferiscono tutti e non quello costruito “attorno a lui”.
Le cose, insomma, stanno cambiando e più gli anziani avranno tra le mani smartphone di ultima generazione, navigheranno in Rete e useranno “i social”, più le tecnologie e le piattaforme si adatteranno alle loro esigenze. Ne riparleremo.
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