Negli ultimi anni l’emigrazione dei pensionati italiani è diventato un fenomeno crescente, per alcuni si tratta di una moda per altri di una necessità sentita.
Alla presentazione del rapporto “‘World wide Inps” sulle pensioni all’estero, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha fatto i conti sui versamenti all’estero spiegando che ogni anno aumenta il numero di anziani italiani che emigrano: solo nel 2014 sono stati 5.345, il 65% in più dell’anno precedente, ma dal 2010 il numero è più che raddoppiato (+109%) arrivando a 16.420. Nel complesso l’INPS eroga all’estero ogni anno circa 400mila trattamenti pensionistici, in oltre centocinquanta Paesi, per una spesa complessiva che supera il miliardo di euro.
Le mete scelte sono varie e coprono tutto l’emisfero: si va da migrazioni soft, come est Europa (su tutte Romania e Bulgaria) e Canarie, a scelte decisamente più estreme, come Thailandia, Malaysia, Costarica, Caraibi, Filippine e mete africane varie, soprattutto le più vicine e mediterranee come Marocco e Tunisia. Ovviamente la preferenza va a destinazioni low cost, dove la vita costa meno di quella italiana.
In linea generale, come risulta da alcune interviste, la motivazione principale che spinge a trasferirsi in un altro paese è la ricerca di una qualità di vita migliore. Ricordiamo che in Italia, un pensionato su due percepisce una pensione di 1.000 euro al mese e in molti paesi con 700 euro al mese si può fare una vita tranquilla, quasi agiata.
Il presidente dell’Inps ha inoltre evidenziato come andrebbe rivisto il pagamento di pensioni contributive per gli italiani all’estero. Secondo Boeri, infatti, l’Italia è uno dei pochi paesi che riconosce la portabilità extra UE della parte non contributiva delle pensioni: il risultato è che si finisce per pagare integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali a pensionati che pagano le tasse altrove. Così facendo, in quei paesi il costo dell’assistenza sociale si riduce e, al contempo, si indebolisce la rete assistenziale sociale in Italia.
Contemporaneamente diminuisce il consumo e il gettito fiscale in Italia, dato che queste persone non vivono più qui. Sempre secondo il presidente dell’Inps, a raddrizzare questo squilibrio ci pensano i contributi previdenziali di quasi 200mila immigrati che hanno lavorato in Italia e che non ricevono la pensione in quanto tornati nel loro paese di origine.
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