Il 2 ottobre celebriamo in Italia la “Festa dei nonni” per sottolineare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale. Per questo ci sembra significativo riportare la testimonianza che un’anziana del quartiere Esquilino di Roma, ha dato in occasione di una festa in piazza organizzata dal Programma “Viva gli Anziani!” in quello che è il quartiere più multietnico di Roma. Un momento felice di incontro fra culture e generazioni diverse. Infatti , dopo la musica rock degli esordienti e giovanissimi “Sound for Peace” e della lirica interpretata dalla giapponse Naho Yokoyama, ha preso la parola la “nonna” Francesca Salvati, che con le sue parole ha dato una vera e propria lezione di convivenza: “ Io vivo in questo quartiere da più di cinquanta anni, in somma la mia vita si è svolta quasi sempre qui. Inutile dire che ci sono molto affezionata. nel corso degli anni vi sono sicuramente state dei mutamenti … oggi, nel mondo globalizzato è molto più facile di un tempo spostarsi da un punto al altro, anche si è distanti… ben presto mi sono resa conto che ciò è frutto di un processo inarrestabile: ormai siamo tutti in movimento. Quindi per me è diventato normale … scendo in questo bel giardino e mi trovo tra bimbi Italiani, Cinesi, Bengalesi, Pakistani, Romeni, Russi Peruviani…con le loro madri e i loro padri.
La scorsa estate era veramente un parco multi colorato pieno di bimbi di tutto il mondo che giocano tutti insieme. Una bimba del mio palazzo ha iniziato ad andare a scuola e in classe ci sono meta bimbi Italiani e metà stranieri. Ma dico : Come possiamo chiamare stranieri questi bambini che si esprimono già perfettamente in italiano perché sono nati qui? Io (e non lo dico soltanto perché sto parlando qui) mi trovo a mio agio sia in un bar gestito da cinesi, sia in uno gestito da italiani. Anche al mercato trovo molti banchi gestiti da cinesi, pakistani, bangladesh e romeni. E’ molto divertente un giro per il mercato, dove si vedono vari tipi di spezie ed anche di prodotti agricoli, tipici di vari luoghi. Vi sono un paio di laboratori di sartoria, gestiti sempre da Pakistani e Bengalesi. Mi fanno le riparazione degli abiti, sono economici e solerti, cosi pure il calzolaio -mi sembra peruviano… Aggiustano cinture, borse, scarpe, bottoni e lavorano seriamente. Inoltre, talvolta mi diverto, perché è difficile comunicare per via della lingua. Del resto, quando avevano fatto l’unita d’Italia, ancora non c’era un linguaggio uguale per tutti, perché ognuno parlava il dialetto della sua regione di provenienza, io credo che più importate di tutto sia il rispetto tra noi e la volontà di vivere insieme amandoci l’un e l’altro. Vi saluto tutti con l’augurio che possiamo stare sempre meglio in questo quartiere. E lo auguro soprattutto agli anziani, che hanno bisogno dell’ aiuto di tutti per continuare a vivere a casa loro.”
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